"Venezia - Teatro Gallo ed Apollo.
Lo Scaramuccia, L'Elixir d'Amore, Accademia Camploy. ( Li 26 giugno
1858). Sulle scene del teatro Gallo ricomparve lo Scaramuccia con
successo bastantemente lodevole, di cui una parte di merito attribuiremo
allo Scheggi che valorosamente sostenne il carattere dello Scarafaggio,
e l'altra alle briose note del Ricci: chè del resto non avremmo gran
fatto a lodarsi.
Allo Scaramuccia successe l'Anna Bolena, ma quanto la regina infelice,
infelici furono e regio sposo, e Percy, e la bella Seymour. Al teatro
Apollo si rappresentò ieri sera per la prima volta l'Elixir d'Amore, il
quale ebbe un dichiarato favore dal Pubblico.
La gentile Trivulzi, lo spiritoso buffo Fontana, il valente basso
Sebastiano Ronconi e l'Antognini tenore diedero prova di quanto sieno
capaci sì nel faceto, come nel serio. Se non che taluni ricordano
migliore l'ese cuzione dello Scheggi nella parte del cerretano da lui
plausibilmente sostenuta, non è gran tempo, su queste scene, quantunque
tale opinione non sia generalmente sentita.
Il signor Camploy, in cortesia a nessuno secondo, adunò jeri mattina in
sua casa, onde offerire un musicale trattenimento, dilettanti ed
artisti, fra quali il giovanetto professore signor Alfredo Piatti, che
volle con soavi accordi sul magico suo violoncello intuonare l'inno
della partenza dal bel paese baciato dalla Laguna.
I signori Treves e Marzari fra dilettanti, i signori Ronconi, Antognini
fra gli artisti trattennero gradevolmente il numeroso e colto uditorio
con vari pezzi musicali alternati dalle melodie eseguite sul piano-forte
dai giovanetti signor Trevisan e signor Angeli, allievi del mai
encomiato abbastanza signor Camploy.
I signori Treves e Marzari fra dilettanti, i signori Ronconi, Antognini
fra gli artisti trattennero gradevolmente il numeroso e colto uditorio
con vari pezzi musicali alternati dalle melodie eseguite sul piano-forte
dai giovanetti signor Trevisan e signor Angeli, allievi del mai
encomiato abbastanza signor Camploy.
Il terzetto dell'Italiana in Algeri venne a generale richiesta ripetuto
cortesemente dai signori Treves, Ronconi ed Antognini.
L'eletto circo delle gentili invitate e degli ammiratori cittadini e
stranieri ebbero anche in questa occasione una prova novella del merito
del signor Camploy, a cui auguriamo un felice successo nella lodatissima
impresa che si propone, onde stabilire in Venezia un istituto di canto e
di suono."
Il Pirata. Giornale di letteratura, belle artl,
mestieri, mode ..., 1838, p. 3-4

"VENEZIA.
– TEATRI ED ACCADEMIE, ec. ( Li 4 luglio 1858 ) Colla sera di domenica
primo corrente ebbero termine le rappresentazioni musicali al teatro
Gallo, e quelle al teatro Apollo stanno per terminare.
S'avvicendano in quest'ultimo intanto col Torquato, la Chiara di
Rosenberg, colla Sonnambula, l'Elisir, dove è ragione encomiare il
tenore Antognini, il quale ai bei modi di canto unisce voce intuonata ed
estesa.
Approfittando degli artisti dell'uno e l'altro teatro prima di loro
partenza, il celebrato per cortesia signor Camploy rinnovellò lunedì 2
del corrente un musicale trattenimento, nelle ore mattinali, in sua
casa, ove adunossi il fiore della cittadinanza.
Il dilettante signor Zanetti, e gli artisti signora Scheggi, signor
Ronconi, Scheggi, Antognini e Fontana accoppiarono al suono di
clavicembali soavissime melodie.
Fra queste un duetto scritto per piano-forte dall'immortale Rossini I
Marinari fu apprezzaso, acclamato e ripetuto. Lo stesso duetto su
cantato in tuono originale (ciò ch'è da osservarsi ) più sere nel teatro
di Apollo, incontrando mai sempre il generale favore.
Il Professore Martorati suonò un pezzo per flauto accompagnato sul
piano-forte dal giovanetto Trevisan, composto da Herz. Dai signori
Angeli e Trevisan, lodevoli allievi del benemerito Camploy, si eseguì
sui due piano-sorti un pezzo squisito, non che una composizione di Herz
a quattro mani.
Ora che per la troppo affannosa stagione si fanno silenziosi, o per
elezione deserti i teatrali convegni trascorreranno alcuni giorni senza
poter annunziare spettacoli di queste scene o novità musicali, a meno
che non porgesse argomento di dire la comica compagnia dal siguor
Gianuzzi diretta, il quale si propone far rappresentare la commedia
nelle ore diurne al teatro Malibran.
Infrattanto l'ingegnoso signor Cucchiani, nelle sale del Ridotto, offre
giuochi meccanici ed uccelletti ammaestrati con maravigliosa perizia.
Ma per parlare di novità assolute annunzierò la comparsa in questi
giorni a Venezia di una cicala, non di quelli insetti che appaiono nei
caldi mesi soltanto, ma di una cicala che si propone di volere stridere
anche nel verno, infine di una cicala giornale, giornale, come egli
s'intitola, di mode, di teatri, e di qualche altra cosa. Il giudizio a
chi spetta! . . . . . Giorgio Podestà."
Il Pirata. Giornale di letteratura, belle artl,
mestieri, mode ..., 1838, p. 11



"COPISTERIE DI MUSICA.
Nel parlare delle due principali Copisterie di musica che stanno aperte in
Venezia, cadrebbe in acconcio di dire alcuna cosa sull'amore ch'ebbero
sempre i Veneziani alla musica, e sulle utilissime opere che intorno ad essa
hanno publicato.
Ma tali cose e per libri stampati e per tradizioni e per fama divulgatissima
sono a bastanza manifeste, e ancorchè nol fossero, la concisione
prescrittaci non ci permetterebbe di estenderci in particolarità che non
sono strettamente connesse al nostro intendimento.
Laonde, accennato delle suddette due Copisterie, eleggeremo piuttosto di far
qualche cenno sull'Istituto musicale privato di Giuseppe Camploy, che onora
veramente Venezia, e vale a tener vivo e a giovare il genio per la musica,
che può dirsi innato nei Veneziani.
La più antica di esse Copisterie è quella sotto l'antica ditta Benzon, sita
presso il ponte dei Baratteri; e il forestiero e l'amatore la troveranno
sempre ampiamente provveduta dei migliori pezzi, ridotti per pianoforte o
per altri istrumenti, de' più nuovi spartiti, nonchè di quelli de' più
celebri maestri, i quali, sebbene non di ultimissima moda, pure devono
essere studiati da chi non si contenta di entrare al vestibolo dell'augusto
tempio, ma vuol penetrare nell'intimo tabernacolo, e divenire fervente
ministro del nume che vi si adora.
L'altra Copisteria, di cui è proprietario Antonio Gallo, nella merceria di
s. Giuliano, è pure bene provveduta di spartiti de'moderni più illustri, e
in essa si ha il vantaggio, che il proprietario è intelligentissimo della
merce che spaccia, sendo per giunta valente nell'arte del violino.
Questi due fondachi di musica valgono egregiamente alla cultura degl'ingegni
che si sentono da natura chiamati a professar l'arte del canto o del suono,
la quale sopra le altre rallegra gli animi e fa dimenticare gli acerbi
fastidii della esistenza.
Ma l'Istituto musicale privato, imaginato da Giuseppe Camploy sino dal 1838,
riesce di ben maggior giovamento, dappoichè sotto valenti maestri instilla
all'alunno gli elementi di una regolata educazione, e gli addita il retto
sentiero da battere in mezzo a tanta copia di scuole e a tanto conflitto di
opinioni.
Il Camploy e con questo Istituto, e con le continue accademie di canto e di
suono che appresta nelle sale della sua abitazione (campo di S. Paterniano,
parrocchia di S. Luca, N. 4233), e in fine con la vendita di pianoforti,
d'arpe, violini ecc. delle migliori fabriche, reca notevoli vantaggi
all'arte musicale fra noi, e per ciò merita non solo parole di encomio, ma
prove d'inco raggiamento.
Noi tenghiamo raccomandato il di lui nome e le faticose sollecitudini per
l'arte da lui adoperate ai forestieri ed ai nazionali; ed al fine di
mostrargli in qualche guisa la nostra gratitudine, vogliamo qui recare in
compendio le principali discipline del suo Instituto di musica, con alcune
altre notizie che vi hanno relazione, desiderosi che le lodevoli intenzioni
di lui sortano pieno effetto.
» In questa scuola l'insegnamento è rivolto: 1. Al suono del pianoforte; 2.
al bel canto; 3. al contrappunto.
» Lo studio del pianoforte viene regolato coi metodi più veri e coll'aiuto
dei mezzi più recenti conosciuti opportuni ad agevo lare la perfetta
riuscita.
» S'insegna il canto in modo che gli studenti, in uno alle leggi inviolabili
ed ai veri modi del bel canto italiano, apprendano l'arte importantissima e
in generale ai di nostri tanto trascurata della lettura.
» Il contrapunto s'insegna cominciando dagli elementi della scala armonica e
conducendo passo passo gli alunni alla piena conoscenza teorica e pratica
del comporre.
» L'accompagnamento in genere forma necessariamente un ramo successivo
d'istruzione.
» Gli allievi troveranno nei loro precettori il massimo impegno concorde di
trasfondere in essi il proprio sapere per le vie più sollecite, chiare e
sicure, affinchè, favoriti dalle loro particolari disposizioni, dandosi allo
studio volonterosi, giunger possano al maggior grado di valentia.
» Ad eccitare in essi la emulazione avrà luogo ogni anno, prima delle
vacanze da destinarsi, un esame alla presenza di professori distinti,
invitati a riconoscere i loro progressi, e verranno distribuiti dei premi ai
più valorosi.
» La scuola si offre tanto a maschi, quanto a femine, in ore però separate.
» Non vengono accettati che giovani di comprovata probità, e muniti di
regolari certificazioni. » L'annua somma da pagare è di austr. L. 180.
– Ogni aspirante deve obligarsi per un intero anno, lasciatagli libertà di
pagare in rate mensuali o trimestrali o semestrali. » Gli scolari ricevono
tre lezioni per settimana in ciascun ramo, ed ogni lezione dura due ore
intere.
» Oltre al suddetto insegnamento, viene data istruzione nell'Istituto del
Camploy nel maneggio dei principali strumenti d'orchestra, sempre che si
offra un conveniente numero di scolari.
» Siccome poi il fine pel quale il Camploy ha attuato questo Istituto è
quello di giovare direttamente all'arte, così egli si assume di educare
gratuitamente nel suddetto insegnamento un alunno il quale presenti
manifeste disposizioni fisiche, sia di buona morale ed appartenga ad onorata
famiglia.
Abbiamo detto che anche collo spaccio di eccellenti pianoforti ed altri
istrumenti il Camploy reca giovamento alla divina arte della musica.
A ciò aggiugniamo, ch'egli è sempre provveduto di questi strumenti di
qualunque forma e delle più riputate fabriche; che nello smercio di essi
concede utilissime agevolazioni, possibili a lui solo, il quale esercita
questo commercio in grande, e tiene depositi filiali in Treviso, Padova,
Vicenza, Milano, Bologna, Ferrara.
Oltre a ciò, egli ha un assortimento di eccellenti strumenti da arco, val
dire violini, viole e violoncelli antichi dei più rinomati fabricatori
cremonesi e d'altri classici autori italiani, tal che anche in questa parte
è al caso di poter soddisfare a qualunque ricerca. [...]"
Venezia o colpo d'occhio letterario, artistico,
storico poetico e pittoresco ..., 1844, p. 634-63



"Ci facciamo
premure di pubblicare il seguente articolo rguardante i Pianoforti di
costruzione di Angelo Cesare Colombo di Milano, a inizio incontrastato
che l'industria italiana progredisce rapidamente innanzi.
PIANO-FORTI ITALIANI (Le fabbriche sono in Vimercate ed in Milano Contrada
Santo Mattia alla Moneta N.° 3134.)
Vorrei che al pubblico andasse a grado, quanto, nell'intendimento di essere
sentito ed incoraggiato vieppiù, vado lieto di quì annunziare.
Sono già scorsi alcuni anni dacchè in unione a mio fratello Carlo attivai
una fabbrica di Pianoforti in Vimercate. Quantunque ognor privo delle
materie le più necessarie ond'essere certo di buon risultato, il desiderio
di veder fiorire tal arte anche nel nostro paese, diedemi coraggio a
sorpassare tanti altri ostacoli di contrarie prevenzioni, ostinati
pregiudizi, opposti interessi ed inveterate abitudini, e pervenni a produrre
istromenti che poterono soddisfare.
Le numerose commissioni avute anche per parte dell'estero, il giudizio
pronunciato dall'istituto Lombardo di Scienze Lettere ed Arti su di un
Pianoforte verticale inviato all'esposizione nel 1851, la medaglia d'argento
con giudizio sospeso per premio maggiore, concessami dall'Istituto medesimo
nel 1855, la commissione avuta nello stesso anno di quaranta Pianoforti pel
sig. Ettore Guimet, il lusinghiero giudizio ottenuto dai distinti sigg.
Angeleri, Langalli e Bianchi, che richiesi del loro parere su diversi miei
strumenti, e finalmente l'incarico di costruire 100 Pianoforti per conto
dell'intelligente ed onesto negoziante di tali istromenti sig. Giuseppe
Camploy di Venezia, m'incoraggiarono e mi persuasero ad un tempo
dell'assoluta convenienza d'ampliarne l'impresa.
Per ottenere tale intento invitai detto sig. Camploy a convertire la sua
commissione in una regolare associazione, a cui egli buon grado acconsentì
riconoscendo impresa dignitosa il tentativo di redimere la patria della
musica da una dura dipendenza.
Appena ottenuto sì efficace appoggio, volli visitare le più distinte fabbriche
straniere, provvedere all'origine le materie occorrenti alla fabbricazione e
procurarmi abili operaj.
Talchè ritengo di poter conscienziosamente assicurare chiunque altri mi
onorasse di commissioni, che i prodotti della società Colombo-Camploy non
mancheranno di verun requisito, che garantir possa, colla economia degli
acquirenti, una parità di esito anche in confronto agli stromenti esteri ai
quali soli fino ad ora si è data una speciale deferenza sicchè di essi tante
volte si desiderasse, più il nome straniero che la bontà reale.
In pari tempo trovo anche di annunciare al pubblico una mia nuova invenzione
di Piano Forte Doppio, il quale offre ai pianisti vasto campo per cavare a
volontà la più grande espressione. Mi sia dunque lecito sperare che fra poco
ognuno dirà che anche in Italia si fanno buoni e solidi Pianoforti, e che
non si copia soltanto. ANGIELO CESARE COLOMBO."
Il Buon Gusto, 21/04/1857, p. 138 - Vedi
COLOMBO
(°1846)


"AMPLIATA FABBRICAZIONE DI PIANO-FORTI DI Colombo Angelo Cesare e Giuseppe
Camploy.
Fu questo un felice pensiero del nostro artefice, un pensiero che lo
caratterizza per abilissimo osservatore. Di fatti, nella comune struttura
dei cembali a coda, l'urto del martello che versa nella corda la forza viva
proprio nell' istante della sua massima intensità, è quasi perduto per la
tavola armonica, la prima e più ampia vibrazione operandosi contro l'aria
libera. Soltanto nel suo ritorno la vibrazione si effettua contro l'aria
appoggiata alla tavola.
Ora, chi non vede che la forza impellente ha già perduto in
questo ritorno molta parte della intensità primitiva, e i tremiti molecolari
della tavola (dai quali dipende assaissimo la sonorità), devono perciò
ricevere minore vibratezza di quella che effettivamente acquistano nel
modello del Colombo, ove la percossa si opera appunto, come nei cembali
verticali, contro la tavola medesima?
I verticali a corde oblique di Parigi, corrispondenti a quelli indicati al
n. 6 della tariffa Colombo, costano 2000 franchi; e il Colombo ce ne offre
di 7 ottave cosi buoni ed eleganti, da sembrare usciti dalle fabbriche di
Erard o di Pleyel; e ce li offre per soli 900 franchi.
All'attuale nostra esposizione uno v'ha de' due verticali (pari fra loro di
struttura e dimensione) il quale, ricevuta la vernice Camploy, divenne
talmente superiore all' altro per rotondità, eguaglianza e morbidezza di
voci, da far desiderare che se ne renda generale l'applicazione. La detta
vernice che nell'anuo 1856 ottenne premio dall' I. R. Istituto Veneto,
sembra anzi destinata a supplire quella che andò perduta nel secolo passato.
Acquista in breve una durezza cristallina, e tanta aderenza alla tavola, da
non
Fra i premiati con medaglia d'oro dall'Istituto di Scienze, Lettere ed Arti
nell' odierna esposizione degli oggetti d'industria, figura, il nome di
Colombo Angelo Cesare, già premiato nel concorso dell' anno 1855 con
medaglia d'argento, colla riserva di premio maggiore, per le lodevoli
prerogative de' suoi piano- | poterla levare se non coll'acciajo o col vetro
forti. Da quell'epoca in poi, la di lui officina ebbe un' ampliazione
significante: il numero degli operai vi fu raddoppiato e tale fu la sua
attività, da produrre più di due piano-forti alla settimana. Il Colombo si è
unito in società con la Ditta Camploy di Venezia, il quale oltre a vistosi
capitali, somministra ad essa anche una vernice di propria invenzione, atta
a rendere le tavole armoniche assai risuonanti e meno soggette alle
influenze atmosferiche. La nostra Gazzetta Ufficiale di giovedi, 18
corrente, contiene in proposito un ben elaborato articolo del professore
Magrini, del quale riportiamo volontieri i brani seguenti, affichè i nostri
lettori possano formarsi un' idea della qualità e del merito dei predetti
istrumenti, nonchè delle prerogative singolari della vernice inventata dal
signor Camploy,della quale abbiam toccato più sopra.
« Il modello di concerto (num. 2) in mogano, che porta il prezzo di 1500
franchi, per forza e briosa pastosità di suoni, per eleganza e finitezza di
lavoro, è consimile a molti di quelli ehe la moda e il fasto domandano a
Parigi, e non costano meno di 3000 franchi l' uno.
La breve coda di 7 ottave (n. 4) che, ad onta delle prime cinque o sei note
gravi alquanto magre e sorde e delle ultime piuttosto sottili, e secche, ha
nel suo complesso un' aggradevole sonorità e rende le voci medie veramente
piene e soavi, al prezzo di 700 franchi; e il modello piccolissimo di ottave
6 3/4 (n. 5) notabile per solidità di costruzione e robustezza di suoni, al
prezzo di 600 franchi, sono stromenti analoghi e in nulla da posporsi a
tanti che si pagano allo straniero con 4200 franchi. La quale robustezza di
suoni del piccolissimo modello, crediamo dipendere dall'avere collocate le
corde sotto la
taglienti. È singolare che nell'atto di raschiarla s' incontri la stessa
difficoltà, si senta lo stesso odore come quando si opera sui violini
antichi. La sua azione non è soltanto superficiale, ma entra pei pori del
legno, ne attraversa anche la grossezza e lo indurisce equabilmente.
Soccorrendo così alle ineguaglianze di tessitura del legno, mette la cassa
degli istrumenti a corde in condizione di assumere nel suo complesso con
maggiore speditezza ed energia lo stesso loro ordine di vibrazioni, e
comunicarlo per moti simpatici alla massa d'aria che vi è contenuta.
I violini ch' ebbero la cassa spalmata di questa vernice, si
distinguono dagli altri di uguale fattura per maggior forza, e sonorità più
nutrita; vantaggi che si estendono anche alle canne di legno degli organi.
Molti suonatori che per varie stagioni usarono in orchestra di tali
strumenti, assicurano che, ad onta dell' atmosfera talvolta eccessivamente
calda e sempre vaporosa del teatro, gli strumenti verniciati da Camploy
danno voci della stessa vigoria cosi nella prima come nell' ultima arcata,
mentre anche i vecchi violini, al termine dello spettacolo, si sentono
infiacchiti per colpa della umidità assorbita.
Ritornando ai piano-forti di Colombo, conchiuderemo ch' essi sono pregevoli
tanto per la venustà della forma esteriore e per la diligenza nella
esecuzione della tastiera, quanto per la scelta delle lamine di pecchia
costituenti la tavola armonica, per la opportuna collocazione ed
applicazione delle catene di rinforzo e degli archetti, per la qualità e
dimensioni delle corde, e per la giusta posizione dei martelli, onde la
percossa avviene in modo che i suoni si rendono pieni e spiccati.
Non vengano i rivali od i loro aderenti, non vengano coloro che sogliono
inchinarsi sempre
antinazionale, a spargere la zizzania e insinuare il rifiuto di queste
nostrali manifatture sotto pretesto che mancano della conveniente solidità e
perdono di leggieri l' accordatura. La durevolezza dei piano-forti costruiti
dal Colombo fu riconosciuta e premiata nei precedenti concorsi, fu
riconferinata dalle crescenti commissioni che giornalmente riceve. „
A tutti siffatti pregi se ne può aggiungere un altro non meno rilevante, ed
è il modico prezzo al quale l'egregio artefice si è posto in condizione di
vendere strumenti tanto pregevoli. Eccone la tariffa quale ce la dà lo
stesso professore Magrini nell'articolo sopracitato :
PIANO-FORTI A CODA.
|
Mogano |
Paliss.ro |
|
franchi |
franchi |
Sistema francese |
|
|
1 Piano-forte doppio con una sola
tastiera. Invenzione Colombo. |
2500 |
2700 |
2 Modello di concerto |
1500
|
1700 |
3 Modello ordinario |
1230 |
1400 |
|
|
|
Sistema viennese |
1230 |
1400 |
4 Breve coda.
Ottave 7. Lunghezza metri 1,
centimetri 80. |
700 |
800 |
5 Modello piccolissimo. Ottave 2 ³∕₄ Code
sotto la tavola armonica |
600 |
680 |
|
|
|
Verticali a
corde oblique |
|
|
6 Modello grande. Ottave 7.
Lastrone intiero, 4 spranghe. Forma elegante. |
900 |
1000 |
|
|
|
Verticali a
corde dritte |
|
|
7 A due e tre corde. Ottave 6 ³∕₄.
Forma semplice |
750 |
700 |
L'Italia musicale: giornale dei teatri, di letteratura, belle arti e
varietà, 20/06/1857, p. 194


"FABBRICAZIONE
DEI PIANOFORTI IN ITALIA ED IN PARTICOLARE di quelli della Dita A.
C. Colombo e Camploy.
Il clavicembalo, che ha per tipo originario la spinetta (inventata
sino dal secolo XI dal p. Guido d' Arezzo), pare poco conosciuto
prima del secolo X۷۰ Il Dizionario francese delle origini ne
attribuisce l'invenzione agl' Italiani, e accorda a Nicolò Vicentino
eziandio il merito di avervi recato notabili per. fezionamenti.
I Fiamminghi e i Tedeschi l'hanno poi modificato per fargli
acquistare a guisa dell' organo i caratteri di altri strumenti da
corda e da fiato, per esempio, dell'arpa, del fagotto, ecc.; ed è
osservabile che le memorie accademiche di Berlino dell'anno 1771
parlassero di un clavicembalo, il quale, mentre veniva suonato,
aveva la proprietà d' imprimere le note de' suoni che produceva.
Frattanto il meccanismo di questo stromento si riformò gradatamente
al punto di raggiugnere l'attuale struttura del pianoforte, cosi
chiamato, perchè col sussidio di alcuni registri si può aumentarne e
diminuirne a piacere la sonorità.
Si compone esso di circa 240 corde metalliche parallele, aventi
diametro, lunghezza e tensione in tali rapporti fra loro da generare
(colla percossa di piccoli martelli in legno guerniti di pelle,
mossi da altrettante leve che mettono capo sulla tastiera) circa 80
suoni, ogni suono venendo ordinariamente reso da tre corde, tese
all'unissono, che un unico martello batte e fa vibrare unite. Queste
si tengono distese mediante piccole cavicchie o pironcini fermamente
infissi da una parte sopra un legno fissato al fondo della cassa,
dall'altra sopra un forte pezzo di legno, chiamato somiero, che
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tuisce la testa della tavola armonica, le cui fibre sono disposte
parallelamente alle corde. La tensione che esse subiscono si calcola
equivalere complessivamente al peso di circa 1500 chilogrammi. E
poichè tale sforzo tende a riavvicinare l'estremità delle corde, si
comprende che i pezzi contenenti le punte e i pironi devono essere
molto solidamente piantati nella cassa; anzi per resistere
efficacemente a si energico e continuo traimento, si connettono que'
pezzi con robuste spranghe di ferro.
Tutto il meccanismo si chiude in una cassa di legno finamente
lavorata che può variare di forma e dimensioni; per cui si
distinguono i Piani a tarolino, i Piani a coda, e i Piani dritti o
ad armadio detti comunemente verticali.
Nei primi le corde e la tavola armonica sono orizzontali: la cassa
rettangolare offre l'aspetto di un tavolino comune ed è sostenuta da
quattro piedi, che vi si fermano a vite. Nei secondi, le corde
vengono pur distese orizzontalmente: la cassa riesce però di forma
irregolare, appoggiata su tre piedi. Gli ultimi hanno la tavola
armonica verticale: le corde vi stanno tese, talora dritte, talora
obblique, ed occupando poco spazio, si adattano a tutti i locali.
Se non che la riforma essenziale che ha contrassegnato il passaggio
dal clavicembalo al pianoforte riputiamo consistere nella
sostituzione dei mar. telletti alle penne di corvo portate dai
saltarelli. Taluni accordano al Silberman l'onore di questa
invenzione attorno il 1750: i Tedeschi l'attribuiscono a Schræter
nel 1721: i Francesi a Marius nel 1716: e noi sull'autorità del
Maffei, del Maltheson e del Carli (Maffei, Giorn. de' Lett.
d'Italia, t. V. - Nuova invenzione di un gravicembalo col piano e
forte, aggiunte a cune considerazioni sugli strumenti musicali. -
Crilica Musicale del Maltheson, t. II, p. 335. Carti. Opere. Milano
1788, 1. XIV, p. 450.) crediamo l'idea di tale sostituzione
suggerita nel 1711 dal padovano Bartolomeo Cristofori.
E non v'ha dubbio che i fabbricatori italiani mantenessero il
primato in questa manifattura sino al principio del secolo attuale:
non v'ha dubbio che gli strumenti dell' Elli, del Ponti, del
Pastori, del Piantanida e di molti altri, per buona voce, accurato
lavoro e conveniente solidità superassero anche quelli di Vienna e
di Londra.
Ma verso il 1810 gl'Italiani dovettero cedere la supremazia ai
costruttori inglesi ed alemanni, i quali con estese fabbriche ed
abilissimi operaj prece. dettero eziandio i Francesi nel dare
maggiore sviluppamento a siffatta industria. Non tardarono per altro
questi ultimi a prendere il sopravvento: chè ai nomi di Tomkinson,
Systerman, Broadwood contrapposero essi quelli dei loro valentissimi
Petrold, Pape, Pleyel, Boisselot, Érard.
Eppure, non ostante i mezzi potenti di cui disponevano gli artefici
stranieri, e la pochezza di quelli che rimanevano ai nostri: non
ostante la deficienza di scelti materiali, e l'incoraggiamento
negato dai facoltosi compatriotti, sorse tal fiata il genio
nazionale a trarre per alcuni istanti la nostra manifattura dall'
avvilimento in cui, è giuocoforza confessarlo, fu tenuta nell'ultimo
quarantennio.
Vaglia il vero; l'abate
Gregorio Trentin di Venezia al concorso de' premj d' industria per
l'anno 1817 presentava a quella Commissione Centrale aggiudicatrice
un Pianoforte, che per giudizio de' più esperimentati, gareg. giava
co' migliori della Germania. A sostegno dell' armonia l'artista
veneto si studiò di munire il suo piano-forte di un basso grave e
maestoso, di cui siffatti strumenti in generale difettano, coll'
applicare al dissotto dell' ordinaria tavola armonica una seconda
cassa che raccoglieva 25 corde più lunghe e grosse accordate
all'ottava bassa delle corde corrispondenti alle comuni note gravi.
Venticinque ben distinti continuati pedali equivalenti a due ot tave
cromatiche, erano organizzati in maniera che il tocco del piede
produceva, a grado del suonatore, lo staccato, il tenuto, il
pianissimo e il fortissimo, senza timore che una percossa indiscreta
del piede facesse rompere qualche molla o corda; l'artefice avendo
saputo con facile meccanismo met. tere i registri che governano le
digradazioni delle voci nella cassa superiore in sicura
comunicazione coi sottoposti contrabassi animatori dell armonia. E
per l'opera di questo pianoforte, denominato organistico, la
Commissione assegnava all' abate Trentin con voto unanime la
medaglia d'oro.
Due anni dopo, con altro simile guiderdone, veniva rimunerato il
patrio zelo del veneto artefice per l'applicazione del metagofono al
pianoforte. Sapevasi già prima di lui cosi nel pianoforte come
nell'arpa trasportare di un mezzo tuono l'esecuzione di un pezzo: ma
per uno speciale congegno ideato dal Trentin si è potuto con
facilità e prontezza ottenere l'accrescimento e l'abbassamento di
tuono nella progressione alterna di quattro mezzi tuoni, a mezzo
tuono per volta.
Il congegno, collocato
orizzontalmente sotto la tastiera, e messo in moto a grado a grado
sopra agevoli rotelle da una chiave che innestavasi in un perno
sporgente ed ammanito, faceva scorrere lentamente da un lato e
dall'altro la tastiera; e così veniva a variarsi l'accordatura
corale, crescendo e decrescendo le voci per mezzi tuoni, senz'
alterare minimamente l'accordatura normale.
Giuseppe Cattaneo di Milano nel 1834 proponeva al concorso de' premj
d' industria due pianoforti di sua costruzione; e la voce ampia,
limpida, so nora che rendevano e i congegni meccanici introdottivi,
concernenti la tavola armonica, la tastiera, i martelletti e la
stessa intelajatura, pe' quali l'artefice raggiunse il suo
intendimento di emulare i pianoforti delle migliori fabbriche
inglesi e viennesi, determinarono l'Istituto Lombardo a decretargli
la prima corona, colla speranza che questa manifattura si radicasse
fra noi. Ma spento da morte immatura quel valent'uomo, la sua lodata
officina scomparve.
Un altro industre meccanico, Luigi Bernasconi, si presentava al
concorso del 1841, e faceva bella mostra d'un pianoforte da lui
operato, che per voce sonora nel basso, morbida negli acuti, per
tastiera pronta, molto si accostava ai migliori che ci venivano
dalla Germania. Parecchi ne' dieci anni dacchè egli teneva stabile
domicilio in questa città, ne aveva costrutto, tornati di piena
soddisfazione dei committenti; e per animarlo a sempre più
estendere e perfezionare quest'arte, gli si aggiudicava il secondo
premio. Ma ad onta di siffatti progressi ed incoraggiamenti dovevamo
ancora corrispondere un tributo oneroso ad altre nazioni; ed
Ambrogio Riva allievo del Cattaneo, ponevasi coraggioso nell'
arringo per francarcene.
I pianoforti invero da
lui fabbricati, sì a tavolino che a coda, oltre alcuni miglioramenti
esteri opportunamente colle assidue sue cure introdottevi avevano la
qualità di mantenere a lungo l'accordatura, di resistere molto alla
percossa dei martelletti, e rendere suoni dolci e spiccati. In pochi
anni più di 160 pianoforti uscivano dalla sua fabbrica; e per questi
titoli veniva anch' egli nel 1845 dall'Istituto Lombardo
guiderdonato del maggior premio.
Se non che certi nostri Aristarchi, mirando alla perfezione di
alcuni cem. bali stranieri, respingevano i nazionali col pretesto
che sono mediocri, distogliendo i capitalisti che dovevano
soccorrere l'industria in un impianto più grandioso delle officine.
Ricevuta in patria la fondamentale educazione nell' arte, due
giovani animosi Luigi Stucchi e Angelo Cesare Colombo si recavano a
perfezionarla presso i costruttori più celebri della Francia. Solo
nel 1851 cominciarono a prodursi nel palazzo di Brera offrendo alla
esposizione di quell' anno un saggio della lor manifattura, lo
Stucchi con un cembalo a coda contenente il meccanismo detto a
doppio scappamento, con cui si dà moto ai martelli in guisa di
agevolare i trilli e il ribattimento delle note; il Colombo con un
cembalo verticale liberato dai difetti di poca sonorità ed
omogeneità di voci che sembravano inerenti alla sua forma.
Era lodato lo Stucchi per molta accuratezza di lavoro esterno: ma
veniva consigliato di adoperare altrettanto amore nella struttura
della tavola armo. nica, nella forma e collocazione degli archetti,
nella scelta dei punti ove i martelli devono colpire le corde per
rendere le voci più sonore.
Per lo contrario il Colombo non aveva posto tanta diligenza nelle
forme esteriori, quanto nella scelta delle lamine di pecchia per
formare la tavola armonica, nella più opportuna collocazione ed
applicazione delle catene di rinforzo e degli archetti, nelle
qualità e dimensioni delle corde, e nella giusta posizione dei
martelli, onde il loro centro di percossa cada nel sito che permette
alle corde di produrre suoni più spiccati. Per questi studj fatti
allora dal Colombo, il suo pianoforte verticale riusciva ad un
miglior effetto artistico di quello dello Stucchi, ed era
generalmente commendato per la purezza delle voci acute, per la
morbidezza delle medie, per la pie. nezza e rotondità delle gravi.
Cotali encomj impartiti al Colombo eccitavano lo Stucchi al
puntiglio di fare altrettanto; per cui allora, docile ai consigli,
mostrava essersi bene adoperato nel perfezionare il carattere dei
suoni.
Di fatto avendo presentato al concorso del 1853 diversi pianoforti
verti. 'cali che potevano sostenere la concorrenza di parecchi delle
migliori fabbriche straniere, conseguiva il secondo premio colla
promessa della maggiore corona, vincolata all'obbligo di dar prova
con successive e più numerose costruzioni, vale a dire con uno
smercio più csteso della sua manifattura, di avere provveduto alla
durevolezza de' suoi lavori, e di essersi impadronito dell' arte in
guisa che non si possa attribuire al caso i buoni risultamenti fino
allora ottenuti.
Si notevoli progressi non valevano ancora a persuadere alcuni
facoltosi connazionali che la buona riuscita dei pianoforti di
Francia e Germania, non è infine un privilegio di que'paesi: anzi,
dimentichi che tale manifattura fino dalla sua origine era una
onorata nostra specialità, in luogo di dare appoggio e leva ai
costruttori italiani, onde potessero riprendere l'antica supremazia,
li scoraggiavano essi con giudizj troppo severi, e quasi avessero
perduto il sentimento della dignità nazionale, si mostravano più
inchinevoli a favorire gl' interessi dello straniero (è spiacevole
il dirlo) e a rimanerne tributarj perpetui anzi che rendere
giustizia ai confratelli.
Il Colombo che aveva, per così dire, succhiato nell'infanzia i buoni
principj della difficil arte (essendo stato in essa valente anche il
padre di lui): il Colombo che aveva nutrito e sviluppato que'
principj colle molte cognizioni tecniche acquistate in Francia
presso le fabbriche di maggiore rinomanza, più geloso dell'onor
patrio, che curante del proprio interesse, dopo i primi surriferiti
lavori, fatti in Vimercate unitamente a suo fratello Carlo,
seguitava a studiare e costruire con gravi sacrifici di tempo e
danaro oltre 80 pianoforti tutti di modello differente, allo scopo
d'impadronirsi dell'arte sua prediletta, e riconoscerne le risorse
non avvertite da un manuale d'istruzione.
E per far tacere a viva forza quegl'indiscreti, che rifiutavano i
nostri strumenti, sotto pretesto che mancano della conveniente
solidità e perdono di leggieri l'accordatura, Cesare Colombo
presentava al concorso del 1853 un pianoforte a coda intelaiato con
grosse spranghe di ferro ladino per modo di obbligarlo a conservare
intatta la sua originaria costituzione, perciocchè la tavola
armonica e l'incassatura venivano da tre lati barrate col ferro e
dal quarto lato fermamente connesse con un robusto somiero.
E intanto che sulla opportunità e sui buoni effetti di questo metodo
si doveva naturalmente aspettare la sanzione del tempo,
l'intraprendente nostro giovane artefice proseguiva i suoi
esperimenti.
Ed eccolo riprodursi al concorso del 1855 con tre pianoforti, due a
breve coda, l'uno di noce d'India, l'altro d'abete con vernice
simulante il mogano, e il terzo verticale. La Commissione
Accademica, incaricata di farne rapporto, giovandosi anche dei lumi
de' più riputati maestri di musica della capitale, giudicava il
pianoforte verticale del signor Colombo poter reggere al paragone di
molti fra quelli che ci pervenivano di Pleyel, tanto per la forza,
quanto per la omogeneità e dolcezza de' suoni : giudicava il
pianoforte a breve coda (scurtone) di abete, essere riuscito molto
soddisfacente per sonorità, purezza ed uguaglianza delle voci, in
tutta la estensione della scala, ed avere inoltre il pregio di
potersi rendere popolare pel suo modico prezzo di lire seicento:
giudicava l'altro pianoforte a breve coda di noce d'India intelajato
di ferro, avere per qualità caratteristiche la morbidezza, la
pastosità, l'uguaglianza delle voci per l'estensione di oltre cinque
ottave; soltanto le ultime quattro o cinque voci acute rendendosi
alquanto sottili, e li primi quattro o cinque suoni gravi riuscendo
piuttosto muti.
Esaminato attentamente l'istrumento per iscnoprire la causa di questi
piccoli difetti, ci era sembrato di non andar lungi dal vero
coll'attr.buirli alla stessa intelajatura di ferro. Di fatti la
tavola armonica in contatto con una massa inconsiderabile di
metallo, come non era più libera di variare le pri. mitive
dimensioni, cosi non lo era nemmeno di seguire co' suoi moti
molecolari le vibrazioni delle corde. Due sostanze, ferro e legno,
per densità, natura ed aggregazione tanto diverse, non sembravano le
più idonce ad assumere lo stesso ordine di vibrazioni: pareva anzi
che le oscillazioni eccitate nella tavola, versandosi in una grande
massa metallica, dovessero suddividersi in modo di perdere gran
parte della loro forza viva.
Il Colombo che aveva già veduto sussistere in parte tale
inconveniente nello strumento offerto al precedente concorso, nelle
successive produzioni imbrigliava con diverso metodo la tavola
armonica, mettendola in pochi punti a contatto del ferro, e otteneva
cosi di farle riacquistare la sua risonanza. In ogni modo l'indicato
difetto non era poi grave (sendo che le voci estreme della gamma si
adoperano ben di rado), e veniva largamente compensato dalla
solidità degli istrumenti e dalla fermezza della loro accordatura.
Abbiamo avuto parecchie occasioni di verificare queste ultime
prerogative dei pianoforti del signor Colombo. Fra le quali ci piace
ricordare, che sapendo trovarsi uno di questi a Lurago in Brianza
presso il signer Luigi Sala, da due anni continuamente adoperato
colle mani robuste di due giovanotti, ci siamo recati
inaspettatamente sul luogo; e l'istrumento, tuttochè situato in una
sala terrena non molto asciutta, e da più che tre mesi abbandonato
dall' accordatore, pur conservava la sua originaria sonorità senza
offendere l'orecchie per discordanza di voci.
La quale prerogativa di tenere l'accordatura, sarà sempre altamente
ap. prezzata finchè il signor Pape non liberi la sua antica promessa
di fabbricare cembali senza corde.
E cotesta durevolezza dei pianoforti del Colombo congiunta alle
altre loro qualità era talmente posta fuori di ogni contestazione da
tutti quelli che li avevano sperimentati e non sentivano interesse
di far credere il contrario in onta alla verità, che, riputatissimi
negozianti di questa capitale e d'altre città d'Italia, ne
commettevano in quell'epoca al nostro artefice più che un mezzo
centinaio di vario modello.
Per questi titoli, nel concorso dell'anno 1855, l' Istituto Lombardo
concedeva al Colombo la medaglia d'argento colla riserva del maggior
premio, quando fosse riuscito ad amp'iare viemaggiormente il suo
stabilimento, e con uno smercio ancora più esteso mostrarsi
cresciuto nel pubblico favore, In altri tempi, produzioni già si
numerose e felici avrebbero fatto decretare all'artefice la prima
corona: ma bisogna dire che in ragione dei progressi operati, gli
uomini addivengono più esigenti, ciò che è legge forse perfettiva
dell'umana specie.
A comprovare nell' ultimo concorso l'ampliazione dell'officina
bastava al Colombo il fatto di avere più che raddoppiato il numero
degli operai che nel 1855 vi erano impiegati: invero, da oltre un
anno, più di cinquanta lavoratori sono distribuiti parte in
Vimercate a costruire le casse, armature, tavole armoniche e
tastiere; parte in Milano ad applicarvi i meccanismi, le corde, il
lucido e le decorazioni.
Un'altra prova d'ingrandimento e prospero successo di questa
nostrale manifattura si ha dall' essersi l'avveduto e facoltoso
negoziante di pianoforti in Venezia signor Giuseppe Camploy
costituito in ditta con Angelo C. Colombo.
Per siffatta guisa viene a stabilirsi in patria una grandiosa fabbrica
a somiglianza di quelle di Francia, destinata a far cessare almeno
in parte la importazione dei piani forestieri, che ci costarono già
parecchi milioni.
E dacchè, esaminati i registri di negozio, si rilevò che nell'ultimo
biennio erano usciti dall'officina Colombo quasi due centinaia di
pianoforti di vario modello; dacchè fu accertato che negozianti e
maestri di musica, anche fuori d'Italia, danno al Colombo rilevanti
commissioni; dacchè dietro confronti degli strumenti di lui con
quelli delle primarie fabbriche di Parigi, confronti ripetutamente
istituiti coll'intervento de' più distinti professori del nostro
Conservatorio di musica e di altre notabilità artistiche, si
acquistò il convincimento, che i piani verticali della fabbrica
milanese se non superano certo pareggiano quelli di Pleyel (de'
verticali il fabbricatore più rinomato), sia per l'omogenea sonorità
e morbidezza delle voci medie ed acute, sia per la robusta chiarezza
delle basse, per cui si rendono essi servibili anche pei suonatori
di forza; dacchè i piani a coda sul sistema francese costruiti dal
Colombo, per potenza e briosa pastosità di suoni, per eleganza e
finitezza di lavoro, occupano il primo posto dopo quelli di Erard,
non si poteva più dubitare aver egli appieno soddisfatte le
condizioni impostegli per il conse. guimento della prima corona, e
fu debito di giustizia che l'Istituto Lombardo gliela decretasse con
pienezza di voti.
Fra i pregi di cui va lodata la manifattura del Colombo non è ultimo
quello di avere ridotto le tastiere a tocco nè troppo leggiero, nè
troppo pesante, ma siffattamente giusto da prestarsi a qualsiasi
passo di agilità : prerogativa altamente apprezzata da ogni pianista
che potè farne l'esperimento.
Di più il Camploy associandosi col Colombo recè a questa manifattura
il vantaggio non che de' suoi capitali, quello ragguardevolissimo di
applicare alle tavole armoniche una vernice di sua invenzione, atta
a renderle assai più risonanti; vernice che nell' anno 1856 (dopo
due biennii di prova) otteneva premio dall' Istituto Veneto, parendo
destinata a supplir quella che da secoli andò perduta.
Abbiamo riconosciuto ch'essa in breve acquista una durezza
cristallina, e prende si forte aderenza alla tavola, da non poterla
levare se non coll' acciajo affilato. È notabile che nell'atto di
raschiarla s'incontra la stessa difficoltà, si sente lo stesso odore
come quando si opera sui violini antichi.
Ci siamo inoltre assicurati che la sua azione non è superficiale
soltanto, ma entra pei pori del legno, ne attraversa anche la
grossezza e lo indurisce equabilmente. Rimedia in siffatta guisa
alle ineguaglianze di tessitura del legno; lo sottrae all'influsso
delle vicissitudini atmosferiche, e quindi pone la cassa degli
strumenti a corde in condizione di ricevere con maggior prontezza e
propagare più vivamente le loro vibrazioni alla massa d'aria che vi
è contenuta.
I violini nuovi spalmati con questa vernice si distinguono dagli altri
di uguale fattura per sonorità più nutrita; vantaggio cui
partecipano anche le canne di legno degli organi. Niuno ignora che
nelle orchestre teatrali i violini, per colpa dell'ambiente sempre
vaporoso, al termine dello spettacolo restano intiacchiti dall'
umidità assorbita: ora è comprovato che gli strumenti verniciati da
Camploy danno voci della stessa vigoria cosi nella prima come
nell'ultima arcata.
I nostri Conservatorii, i Licei musicali sappiano questi effetti, e
vogliano convincersene col fatto, porgendo all' inventore qualche
strumento da corda; egli, ne siamo sicuri, si compiacerà di
applicarvi il suo intonaco.
Tutti i direttori e maestri di musica Italiani devono segnalare questo
fatto, di molta importanza nel regno dell'arte, prima che il secreto
possa essere penetrato da alcuno di quegli estranei che ora ci
corseggiano intorno per usurparci il merito primitivo; giacchè se il
furto avesse luogo, essi se ne renderebbero complici colla loro
inescusabile noncuranza.
Frattanto il precipuo effetto di detta vernice pei pianoforti del
Colombo consiste nell'uguagliarne il suono in tutte le sette ottave
e nel rinforzarlo al grado di poter battere e ribattere i tasti
colla massima energia, senza che si percepisca quell'infievolimento
di voci che d'ordinario si fa sentire quando le corde vengono
eccessivamente percosse.
Cessino adunque gl' indiscreti, cessino gli adoratori delle opere
straniere dal detrarre ai pregi di questa nostra manifattura.
Garanti della sua solidità sono i legnami scelti e stagionati, di
cui il Colombo sa tener sempre abbondantemente provveduti i propri
magazzini: garanti ne sono le corde accuratamente scelte e
sottoposte a limitate tensioni, onde renderne più difficile lo
spezzamento e più durevole l'accordatura; garanti ne sono le casse
lavo rate in località che si conservano perennemente alla
temperatura di 25 gradi réaumuriani.
Dobbiamo inoltre considerare che fra gli strumenti musicali il
pianoforte è quello che si guasta più presto di ogni altro, e senza
qualche cura non può conservarsi buono che per pochi anni. Di
solito, i doviziosi che possedono pianoforti di Vienna, o di
Francia, che costano il triplo di quelli del Colombo senza tener
conto delle spese di trasporto e dazio, li mettono fra i tappeti, li
difendono dalle correnti d'aria, li fanno accordare da abili
artisti, e li adoperano con moderazione, riservandoli per le grandi
occasioni. Al contrario gli strumenti pazionali si mandano in
campagna, esposti all'umidità e ai venti, di raro e malamente
vengono accordati, si destinano alla musica da ballo, e di più
pesanti esercizi della mano: quando poi deperiscono, si grida alla
poca solidità delle opere nostrali!
Diamo termine col ripetere che la buona riuscita dei pianoforti di
Francia e di Germania non è privilegio di que' paesi per
l'eccellenza del loro le. gname. I fabbricatori di Parigi domandano
il legno alla Svizzera; que' di Vienna lo prendono in Tirolo: i
nostri fanno altrettanto con maggiore facilità. Ned è privilegio di
speciale bravura se si considera che dei duecento
sessanta fabbricatori parigini, dieci o dodici soltanto porgono
manifatture distinte: gli altri fanno opere che guai se fossero
italiane!
Non si stia dunque sempre coll' orecchio teso ai rumori dello
straniero. Lo straniero ci oda favellare delle cose nostre, e sappia
che dalla fabbrica milanese della ditta Colombo Cesare Angelo e
Camploy escono pianoforti che possono sostenere la concorrenza coi
migliori di oltremare e oltremonte. Lo straniero sappia che vogliamo
liberarci almeno in parte da un oneroso contributo, che ci
lasciavamo malamente imporre anche dal fasto e dal pregiudizio.
D. L. MAGRINI. "
L'Economista. Giornale di agricoltura teorico-prattica, di
ragioneria ..., 06/1858, p. 355-363


"In questa occasione avemmo l'incontro di ammirare un vostro concittadino,
il sig. Colombo, il quale va di giorno in giorno vieppiù ingrandendo la sua
fabbrica di pianoforti non solo, ma anche migliorandone la qualità, cosicchè
in breve speriamo d'essere liberati dall' oneroso tributo che paghiamo agli
stranieri.
Il Collegio delle Dame inglesi gentilmente offerse alla giovane
pianista un nuovo pianoforte acquistato dalla fabbrica Colombo e Camploy: la
sonorità, la robustezza, l'uguaglianza dei bassi cogli acuti, la simpatica e
pastosa voce, lo fecero, e giustamente, porre a livello dei migliori che
sieno esciti da straniere officine.
Speriamo adunque, anche a nostra gloria,
che il vostro bravo Colombo possa superare e vincere la bassa e sordaguerra
che gli vanno movendo gl' invidiosi ed i soliti nemici d'ogni miglioria e
progresso. La sarebbe pur ora che in Italia s' ammirassero pianoforti
italiani, tanto più quando sappiamo esservi artisti capaci di fabbricarli
non solo buoni, ma pur anche durevoli qualità che non sovente si trova nei
pianoforti esteri..."
Gazzetta musicale di Milano, 27/06/1858, p. 209-210


NECROLOGIA
"De Venise on annonce la mort de Giuseppe Camploy, marchand de pianos et
propriétaire du théâtre qui porte son nom. Ce théâtre, érigé en 1655 sous le
nom de San Samuele, par les soins de la famille Grimani, était passé des
mains de celle-ci dans celles des Camploy.
Détruit par un incendie en 1747, il avait été reconstruit aussitôt, et eut son
moment de splendeur.
Depuis plusieurs années déjà il est fermé, et il sert aujourd'hui de magasin
de bois.
Giuseppe Camploy, qui avait formé une précieuse collection d'instruments à
cordes et qui était natif de Vérone, est mort à 95 ans, bien qu'à l'âge de
25 ans les médecins l'eussent condamné comme phtisique."
Le Ménestrel : journal de musique, 10/03/1889,
p. 80 (gallica.bnf.fr)


C AMPLOY
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Per i riferimenti,
vedere la pagina
Fabbricanti di
pianoforti C


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