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CAMPLOY
a Venezia & a Milano

1838

"Venezia - Teatro Gallo ed Apollo.

Lo Scaramuccia, L'Elixir d'Amore, Accademia Camploy. ( Li 26 giugno 1858). Sulle scene del teatro Gallo ricomparve lo Scaramuccia con successo bastantemente lodevole, di cui una parte di merito attribuiremo allo Scheggi che valorosamente sostenne il carattere dello Scarafaggio, e l'altra alle briose note del Ricci: chè del resto non avremmo gran fatto a lodarsi.

Allo Scaramuccia successe l'Anna Bolena, ma quanto la regina infelice, infelici furono e regio sposo, e Percy, e la bella Seymour. Al teatro Apollo si rappresentò ieri sera per la prima volta l'Elixir d'Amore, il quale ebbe un dichiarato favore dal Pubblico.

La gentile Trivulzi, lo spiritoso buffo Fontana, il valente basso Sebastiano Ronconi e l'Antognini tenore diedero prova di quanto sieno capaci sì nel faceto, come nel serio. Se non che taluni ricordano migliore l'ese cuzione dello Scheggi nella parte del cerretano da lui plausibilmente sostenuta, non è gran tempo, su queste scene, quantunque tale opinione non sia generalmente sentita.

Il signor Camploy, in cortesia a nessuno secondo, adunò jeri mattina in sua casa, onde offerire un musicale trattenimento, dilettanti ed artisti, fra quali il giovanetto professore signor Alfredo Piatti, che volle con soavi accordi sul magico suo violoncello intuonare l'inno della partenza dal bel paese baciato dalla Laguna.

I signori Treves e Marzari fra dilettanti, i signori Ronconi, Antognini fra gli artisti trattennero gradevolmente il numeroso e colto uditorio con vari pezzi musicali alternati dalle melodie eseguite sul piano-forte dai giovanetti signor Trevisan e signor Angeli, allievi del mai encomiato abbastanza signor Camploy.

I signori Treves e Marzari fra dilettanti, i signori Ronconi, Antognini fra gli artisti trattennero gradevolmente il numeroso e colto uditorio con vari pezzi musicali alternati dalle melodie eseguite sul piano-forte dai giovanetti signor Trevisan e signor Angeli, allievi del mai encomiato abbastanza signor Camploy.

Il terzetto dell'Italiana in Algeri venne a generale richiesta ripetuto cortesemente dai signori Treves, Ronconi ed Antognini.

L'eletto circo delle gentili invitate e degli ammiratori cittadini e stranieri ebbero anche in questa occasione una prova novella del merito del signor Camploy, a cui auguriamo un felice successo nella lodatissima impresa che si propone, onde stabilire in Venezia un istituto di canto e di suono." Il Pirata. Giornale di letteratura, belle artl, mestieri, mode ..., 1838, p. 3-4

"VENEZIA. – TEATRI ED ACCADEMIE, ec. ( Li 4 luglio 1858 ) Colla sera di domenica primo corrente ebbero termine le rappresentazioni musicali al teatro Gallo, e quelle al teatro Apollo stanno per terminare.

S'avvicendano in quest'ultimo intanto col Torquato, la Chiara di Rosenberg, colla Sonnambula, l'Elisir, dove è ragione encomiare il tenore Antognini, il quale ai bei modi di canto unisce voce intuonata ed estesa.

Approfittando degli artisti dell'uno e l'altro teatro prima di loro partenza, il celebrato per cortesia signor Camploy rinnovellò lunedì 2 del corrente un musicale trattenimento, nelle ore mattinali, in sua casa, ove adunossi il fiore della cittadinanza.

Il dilettante signor Zanetti, e gli artisti signora Scheggi, signor Ronconi, Scheggi, Antognini e Fontana accoppiarono al suono di clavicembali soavissime melodie.

Fra queste un duetto scritto per piano-forte dall'immortale Rossini I Marinari fu apprezzaso, acclamato e ripetuto. Lo stesso duetto su cantato in tuono originale (ciò ch'è da osservarsi ) più sere nel teatro di Apollo, incontrando mai sempre il generale favore.

Il Professore Martorati suonò un pezzo per flauto accompagnato sul piano-forte dal giovanetto Trevisan, composto da Herz. Dai signori Angeli e Trevisan, lodevoli allievi del benemerito Camploy, si eseguì sui due piano-sorti un pezzo squisito, non che una composizione di Herz a quattro mani.

Ora che per la troppo affannosa stagione si fanno silenziosi, o per elezione deserti i teatrali convegni trascorreranno alcuni giorni senza poter annunziare spettacoli di queste scene o novità musicali, a meno che non porgesse argomento di dire la comica compagnia dal siguor Gianuzzi diretta, il quale si propone far rappresentare la commedia nelle ore diurne al teatro Malibran.

Infrattanto l'ingegnoso signor Cucchiani, nelle sale del Ridotto, offre giuochi meccanici ed uccelletti ammaestrati con maravigliosa perizia.

Ma per parlare di novità assolute annunzierò la comparsa in questi giorni a Venezia di una cicala, non di quelli insetti che appaiono nei caldi mesi soltanto, ma di una cicala che si propone di volere stridere anche nel verno, infine di una cicala giornale, giornale, come egli s'intitola, di mode, di teatri, e di qualche altra cosa. Il giudizio a chi spetta! . . . . . Giorgio Podestà." Il Pirata. Giornale di letteratura, belle artl, mestieri, mode ..., 1838, p. 11

1844

"COPISTERIE DI MUSICA.

Nel parlare delle due principali Copisterie di musica che stanno aperte in Venezia, cadrebbe in acconcio di dire alcuna cosa sull'amore ch'ebbero sempre i Veneziani alla musica, e sulle utilissime opere che intorno ad essa hanno publicato.

Ma tali cose e per libri stampati e per tradizioni e per fama divulgatissima sono a bastanza manifeste, e ancorchè nol fossero, la concisione prescrittaci non ci permetterebbe di estenderci in particolarità che non sono strettamente connesse al nostro intendimento.

Laonde, accennato delle suddette due Copisterie, eleggeremo piuttosto di far qualche cenno sull'Istituto musicale privato di Giuseppe Camploy, che onora veramente Venezia, e vale a tener vivo e a giovare il genio per la musica, che può dirsi innato nei Veneziani.

La più antica di esse Copisterie è quella sotto l'antica ditta Benzon, sita presso il ponte dei Baratteri; e il forestiero e l'amatore la troveranno sempre ampiamente provveduta dei migliori pezzi, ridotti per pianoforte o per altri istrumenti, de' più nuovi spartiti, nonchè di quelli de' più celebri maestri, i quali, sebbene non di ultimissima moda, pure devono essere studiati da chi non si contenta di entrare al vestibolo dell'augusto tempio, ma vuol penetrare nell'intimo tabernacolo, e divenire fervente ministro del nume che vi si adora.

L'altra Copisteria, di cui è proprietario Antonio Gallo, nella merceria di s. Giuliano, è pure bene provveduta di spartiti de'moderni più illustri, e in essa si ha il vantaggio, che il proprietario è intelligentissimo della merce che spaccia, sendo per giunta valente nell'arte del violino.

Questi due fondachi di musica valgono egregiamente alla cultura degl'ingegni che si sentono da natura chiamati a professar l'arte del canto o del suono, la quale sopra le altre rallegra gli animi e fa dimenticare gli acerbi fastidii della esistenza.

Ma l'Istituto musicale privato, imaginato da Giuseppe Camploy sino dal 1838, riesce di ben maggior giovamento, dappoichè sotto valenti maestri instilla all'alunno gli elementi di una regolata educazione, e gli addita il retto sentiero da battere in mezzo a tanta copia di scuole e a tanto conflitto di opinioni.

Il Camploy e con questo Istituto, e con le continue accademie di canto e di suono che appresta nelle sale della sua abitazione (campo di S. Paterniano, parrocchia di S. Luca, N. 4233), e in fine con la vendita di pianoforti, d'arpe, violini ecc. delle migliori fabriche, reca notevoli vantaggi all'arte musicale fra noi, e per ciò merita non solo parole di encomio, ma prove d'inco raggiamento.

Noi tenghiamo raccomandato il di lui nome e le faticose sollecitudini per l'arte da lui adoperate ai forestieri ed ai nazionali; ed al fine di mostrargli in qualche guisa la nostra gratitudine, vogliamo qui recare in compendio le principali discipline del suo Instituto di musica, con alcune altre notizie che vi hanno relazione, desiderosi che le lodevoli intenzioni di lui sortano pieno effetto.

» In questa scuola l'insegnamento è rivolto: 1. Al suono del pianoforte; 2. al bel canto; 3. al contrappunto.

» Lo studio del pianoforte viene regolato coi metodi più veri e coll'aiuto dei mezzi più recenti conosciuti opportuni ad agevo lare la perfetta riuscita.

» S'insegna il canto in modo che gli studenti, in uno alle leggi inviolabili ed ai veri modi del bel canto italiano, apprendano l'arte importantissima e in generale ai di nostri tanto trascurata della lettura.

» Il contrapunto s'insegna cominciando dagli elementi della scala armonica e conducendo passo passo gli alunni alla piena conoscenza teorica e pratica del comporre.

» L'accompagnamento in genere forma necessariamente un ramo successivo d'istruzione.

» Gli allievi troveranno nei loro precettori il massimo impegno concorde di trasfondere in essi il proprio sapere per le vie più sollecite, chiare e sicure, affinchè, favoriti dalle loro particolari disposizioni, dandosi allo studio volonterosi, giunger possano al maggior grado di valentia.

» Ad eccitare in essi la emulazione avrà luogo ogni anno, prima delle vacanze da destinarsi, un esame alla presenza di professori distinti, invitati a riconoscere i loro progressi, e verranno distribuiti dei premi ai più valorosi.

» La scuola si offre tanto a maschi, quanto a femine, in ore però separate.

» Non vengono accettati che giovani di comprovata probità, e muniti di regolari certificazioni. » L'annua somma da pagare è di austr. L. 180.

– Ogni aspirante deve obligarsi per un intero anno, lasciatagli libertà di pagare in rate mensuali o trimestrali o semestrali. » Gli scolari ricevono tre lezioni per settimana in ciascun ramo, ed ogni lezione dura due ore intere.

» Oltre al suddetto insegnamento, viene data istruzione nell'Istituto del Camploy nel maneggio dei principali strumenti d'orchestra, sempre che si offra un conveniente numero di scolari.

» Siccome poi il fine pel quale il Camploy ha attuato questo Istituto è quello di giovare direttamente all'arte, così egli si assume di educare gratuitamente nel suddetto insegnamento un alunno il quale presenti manifeste disposizioni fisiche, sia di buona morale ed appartenga ad onorata famiglia.

Abbiamo detto che anche collo spaccio di eccellenti pianoforti ed altri istrumenti il Camploy reca giovamento alla divina arte della musica.

A ciò aggiugniamo, ch'egli è sempre provveduto di questi strumenti di qualunque forma e delle più riputate fabriche; che nello smercio di essi concede utilissime agevolazioni, possibili a lui solo, il quale esercita questo commercio in grande, e tiene depositi filiali in Treviso, Padova, Vicenza, Milano, Bologna, Ferrara.

Oltre a ciò, egli ha un assortimento di eccellenti strumenti da arco, val dire violini, viole e violoncelli antichi dei più rinomati fabricatori cremonesi e d'altri classici autori italiani, tal che anche in questa parte è al caso di poter soddisfare a qualunque ricerca. [...]" Venezia o colpo d'occhio letterario, artistico, storico poetico e pittoresco ..., 1844, p. 634-63

1854

"Ci facciamo premure di pubblicare il seguente articolo rguardante i Pianoforti di costruzione di Angelo Cesare Colombo di Milano, a inizio incontrastato che l'industria italiana progredisce rapidamente innanzi.

PIANO-FORTI ITALIANI (Le fabbriche sono in Vimercate ed in Milano Contrada Santo Mattia alla Moneta N.° 3134.)

Vorrei che al pubblico andasse a grado, quanto, nell'intendimento di essere sentito ed incoraggiato vieppiù, vado lieto di quì annunziare.

Sono già scorsi alcuni anni dacchè in unione a mio fratello Carlo attivai una fabbrica di Pianoforti in Vimercate. Quantunque ognor privo delle materie le più necessarie ond'essere certo di buon risultato, il desiderio di veder fiorire tal arte anche nel nostro paese, diedemi coraggio a sorpassare tanti altri ostacoli di contrarie prevenzioni, ostinati pregiudizi, opposti interessi ed inveterate abitudini, e pervenni a produrre istromenti che poterono soddisfare.

Le numerose commissioni avute anche per parte dell'estero, il giudizio pronunciato dall'istituto Lombardo di Scienze Lettere ed Arti su di un Pianoforte verticale inviato all'esposizione nel 1851, la medaglia d'argento con giudizio sospeso per premio maggiore, concessami dall'Istituto medesimo nel 1855, la commissione avuta nello stesso anno di quaranta Pianoforti pel sig. Ettore Guimet, il lusinghiero giudizio ottenuto dai distinti sigg. Angeleri, Langalli e Bianchi, che richiesi del loro parere su diversi miei strumenti, e finalmente l'incarico di costruire 100 Pianoforti per conto dell'intelligente ed onesto negoziante di tali istromenti sig. Giuseppe Camploy di Venezia, m'incoraggiarono e mi persuasero ad un tempo dell'assoluta convenienza d'ampliarne l'impresa.

Per ottenere tale intento invitai detto sig. Camploy a convertire la sua commissione in una regolare associazione, a cui egli buon grado acconsentì riconoscendo impresa dignitosa il tentativo di redimere la patria della musica da una dura dipendenza.

Appena ottenuto sì efficace appoggio, volli visitare le più distinte fabbriche straniere, provvedere all'origine le materie occorrenti alla fabbricazione e procurarmi abili operaj.

Talchè ritengo di poter conscienziosamente assicurare chiunque altri mi onorasse di commissioni, che i prodotti della società Colombo-Camploy non mancheranno di verun requisito, che garantir possa, colla economia degli acquirenti, una parità di esito anche in confronto agli stromenti esteri ai quali soli fino ad ora si è data una speciale deferenza sicchè di essi tante volte si desiderasse, più il nome straniero che la bontà reale.

In pari tempo trovo anche di annunciare al pubblico una mia nuova invenzione di Piano Forte Doppio, il quale offre ai pianisti vasto campo per cavare a volontà la più grande espressione. Mi sia dunque lecito sperare che fra poco ognuno dirà che anche in Italia si fanno buoni e solidi Pianoforti, e che non si copia soltanto. ANGIELO CESARE COLOMBO." Il Buon Gusto, 21/04/1857, p. 138 - Vedi COLOMBO (°1846)

1857

"AMPLIATA FABBRICAZIONE DI PIANO-FORTI DI Colombo Angelo Cesare e Giuseppe Camploy.

Fu questo un felice pensiero del nostro artefice, un pensiero che lo caratterizza per abilissimo osservatore. Di fatti, nella comune struttura dei cembali a coda, l'urto del martello che versa nella corda la forza viva proprio nell' istante della sua massima intensità, è quasi perduto per la tavola armonica, la prima e più ampia vibrazione operandosi contro l'aria libera. Soltanto nel suo ritorno la vibrazione si effettua contro l'aria appoggiata alla tavola.

Ora, chi non vede che la forza impellente ha già perduto in questo ritorno molta parte della intensità primitiva, e i tremiti molecolari della tavola (dai quali dipende assaissimo la sonorità), devono perciò ricevere minore vibratezza di quella che effettivamente acquistano nel modello del Colombo, ove la percossa si opera appunto, come nei cembali verticali, contro la tavola medesima?

I verticali a corde oblique di Parigi, corrispondenti a quelli indicati al n. 6 della tariffa Colombo, costano 2000 franchi; e il Colombo ce ne offre di 7 ottave cosi buoni ed eleganti, da sembrare usciti dalle fabbriche di Erard o di Pleyel; e ce li offre per soli 900 franchi.

All'attuale nostra esposizione uno v'ha de' due verticali (pari fra loro di struttura e dimensione) il quale, ricevuta la vernice Camploy, divenne talmente superiore all' altro per rotondità, eguaglianza e morbidezza di voci, da far desiderare che se ne renda generale l'applicazione. La detta vernice che nell'anuo 1856 ottenne premio dall' I. R. Istituto Veneto, sembra anzi destinata a supplire quella che andò perduta nel secolo passato. Acquista in breve una durezza cristallina, e tanta aderenza alla tavola, da non

Fra i premiati con medaglia d'oro dall'Istituto di Scienze, Lettere ed Arti nell' odierna esposizione degli oggetti d'industria, figura, il nome di Colombo Angelo Cesare, già premiato nel concorso dell' anno 1855 con medaglia d'argento, colla riserva di premio maggiore, per le lodevoli prerogative de' suoi piano- | poterla levare se non coll'acciajo o col vetro

forti. Da quell'epoca in poi, la di lui officina ebbe un' ampliazione significante: il numero degli operai vi fu raddoppiato e tale fu la sua attività, da produrre più di due piano-forti alla settimana. Il Colombo si è unito in società con la Ditta Camploy di Venezia, il quale oltre a vistosi capitali, somministra ad essa anche una vernice di propria invenzione, atta a rendere le tavole armoniche assai risuonanti e meno soggette alle influenze atmosferiche. La nostra Gazzetta Ufficiale di giovedi, 18 corrente, contiene in proposito un ben elaborato articolo del professore Magrini, del quale riportiamo volontieri i brani seguenti, affichè i nostri lettori possano formarsi un' idea della qualità e del merito dei predetti istrumenti, nonchè delle prerogative singolari della vernice inventata dal signor Camploy,della quale abbiam toccato più sopra.

« Il modello di concerto (num. 2) in mogano, che porta il prezzo di 1500 franchi, per forza e briosa pastosità di suoni, per eleganza e finitezza di lavoro, è consimile a molti di quelli ehe la moda e il fasto domandano a Parigi, e non costano meno di 3000 franchi l' uno.

La breve coda di 7 ottave (n. 4) che, ad onta delle prime cinque o sei note gravi alquanto magre e sorde e delle ultime piuttosto sottili, e secche, ha nel suo complesso un' aggradevole sonorità e rende le voci medie veramente piene e soavi, al prezzo di 700 franchi; e il modello piccolissimo di ottave 6 3/4 (n. 5) notabile per solidità di costruzione e robustezza di suoni, al prezzo di 600 franchi, sono stromenti analoghi e in nulla da posporsi a tanti che si pagano allo straniero con 4200 franchi. La quale robustezza di suoni del piccolissimo modello, crediamo dipendere dall'avere collocate le corde sotto la

taglienti. È singolare che nell'atto di raschiarla s' incontri la stessa difficoltà, si senta lo stesso odore come quando si opera sui violini antichi. La sua azione non è soltanto superficiale, ma entra pei pori del legno, ne attraversa anche la grossezza e lo indurisce equabilmente. Soccorrendo così alle ineguaglianze di tessitura del legno, mette la cassa degli istrumenti a corde in condizione di assumere nel suo complesso con maggiore speditezza ed energia lo stesso loro ordine di vibrazioni, e comunicarlo per moti simpatici alla massa d'aria che vi è contenuta.

I violini ch' ebbero la cassa spalmata di questa vernice, si distinguono dagli altri di uguale fattura per maggior forza, e sonorità più nutrita; vantaggi che si estendono anche alle canne di legno degli organi.

Molti suonatori che per varie stagioni usarono in orchestra di tali strumenti, assicurano che, ad onta dell' atmosfera talvolta eccessivamente calda e sempre vaporosa del teatro, gli strumenti verniciati da Camploy danno voci della stessa vigoria cosi nella prima come nell' ultima arcata, mentre anche i vecchi violini, al termine dello spettacolo, si sentono infiacchiti per colpa della umidità assorbita.

Ritornando ai piano-forti di Colombo, conchiuderemo ch' essi sono pregevoli tanto per la venustà della forma esteriore e per la diligenza nella esecuzione della tastiera, quanto per la scelta delle lamine di pecchia costituenti la tavola armonica, per la opportuna collocazione ed applicazione delle catene di rinforzo e degli archetti, per la qualità e dimensioni delle corde, e per la giusta posizione dei martelli, onde la percossa avviene in modo che i suoni si rendono pieni e spiccati.

Non vengano i rivali od i loro aderenti, non vengano coloro che sogliono inchinarsi sempre

antinazionale, a spargere la zizzania e insinuare il rifiuto di queste nostrali manifatture sotto pretesto che mancano della conveniente solidità e perdono di leggieri l' accordatura. La durevolezza dei piano-forti costruiti dal Colombo fu riconosciuta e premiata nei precedenti concorsi, fu riconferinata dalle crescenti commissioni che giornalmente riceve. „

A tutti siffatti pregi se ne può aggiungere un altro non meno rilevante, ed è il modico prezzo al quale l'egregio artefice si è posto in condizione di vendere strumenti tanto pregevoli. Eccone la tariffa quale ce la dà lo stesso professore Magrini nell'articolo sopracitato :

PIANO-FORTI A CODA.

 

Mogano

Paliss.ro
  franchi franchi

Sistema francese

   
1 Piano-forte doppio con una sola tastiera. Invenzione Colombo. 2500 2700
2 Modello di concerto 1500 1700
3 Modello ordinario 1230 1400
     

Sistema viennese

1230 1400
4 Breve coda. Ottave 7. Lunghezza metri 1, centimetri 80. 700 800
5 Modello piccolissimo. Ottave 2 ³∕₄ Code sotto la tavola armonica 600 680
     

Verticali a corde oblique

   
6 Modello grande. Ottave 7. Lastrone intiero, 4 spranghe. Forma elegante. 900 1000
     

Verticali a corde dritte

   
7 A due e tre corde. Ottave 6 ³∕₄. Forma semplice 750 700

L'Italia musicale: giornale dei teatri, di letteratura, belle arti e varietà, 20/06/1857, p. 194

1858

"FABBRICAZIONE DEI PIANOFORTI IN ITALIA ED IN PARTICOLARE di quelli della Dita A. C. Colombo e Camploy.

Il clavicembalo, che ha per tipo originario la spinetta (inventata sino dal secolo XI dal p. Guido d' Arezzo), pare poco conosciuto prima del secolo X۷۰ Il Dizionario francese delle origini ne attribuisce l'invenzione agl' Italiani, e accorda a Nicolò Vicentino eziandio il merito di avervi recato notabili per. fezionamenti.

I Fiamminghi e i Tedeschi l'hanno poi modificato per fargli acquistare a guisa dell' organo i caratteri di altri strumenti da corda e da fiato, per esempio, dell'arpa, del fagotto, ecc.; ed è osservabile che le memorie accademiche di Berlino dell'anno 1771 parlassero di un clavicembalo, il quale, mentre veniva suonato, aveva la proprietà d' imprimere le note de' suoni che produceva. Frattanto il meccanismo di questo stromento si riformò gradatamente al punto di raggiugnere l'attuale struttura del pianoforte, cosi chiamato, perchè col sussidio di alcuni registri si può aumentarne e diminuirne a piacere la sonorità.

Si compone esso di circa 240 corde metalliche parallele, aventi diametro, lunghezza e tensione in tali rapporti fra loro da generare (colla percossa di piccoli martelli in legno guerniti di pelle, mossi da altrettante leve che mettono capo sulla tastiera) circa 80 suoni, ogni suono venendo ordinariamente reso da tre corde, tese all'unissono, che un unico martello batte e fa vibrare unite. Queste si tengono distese mediante piccole cavicchie o pironcini fermamente infissi da una parte sopra un legno fissato al fondo della cassa, dall'altra sopra un forte pezzo di legno, chiamato somiero, che costi
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tuisce la testa della tavola armonica, le cui fibre sono disposte parallelamente alle corde. La tensione che esse subiscono si calcola equivalere complessivamente al peso di circa 1500 chilogrammi. E poichè tale sforzo tende a riavvicinare l'estremità delle corde, si comprende che i pezzi contenenti le punte e i pironi devono essere molto solidamente piantati nella cassa; anzi per resistere efficacemente a si energico e continuo traimento, si connettono que' pezzi con robuste spranghe di ferro.

Tutto il meccanismo si chiude in una cassa di legno finamente lavorata che può variare di forma e dimensioni; per cui si distinguono i Piani a tarolino, i Piani a coda, e i Piani dritti o ad armadio detti comunemente verticali.

Nei primi le corde e la tavola armonica sono orizzontali: la cassa rettangolare offre l'aspetto di un tavolino comune ed è sostenuta da quattro piedi, che vi si fermano a vite. Nei secondi, le corde vengono pur distese orizzontalmente: la cassa riesce però di forma irregolare, appoggiata su tre piedi. Gli ultimi hanno la tavola armonica verticale: le corde vi stanno tese, talora dritte, talora obblique, ed occupando poco spazio, si adattano a tutti i locali.

Se non che la riforma essenziale che ha contrassegnato il passaggio dal clavicembalo al pianoforte riputiamo consistere nella sostituzione dei mar. telletti alle penne di corvo portate dai saltarelli. Taluni accordano al Silberman l'onore di questa invenzione attorno il 1750: i Tedeschi l'attribuiscono a Schræter nel 1721: i Francesi a Marius nel 1716: e noi sull'autorità del Maffei, del Maltheson e del Carli (Maffei, Giorn. de' Lett. d'Italia, t. V. - Nuova invenzione di un gravicembalo col piano e forte, aggiunte a cune considerazioni sugli strumenti musicali. - Crilica Musicale del Maltheson, t. II, p. 335. Carti. Opere. Milano 1788, 1. XIV, p. 450.) crediamo l'idea di tale sostituzione suggerita nel 1711 dal padovano Bartolomeo Cristofori.

E non v'ha dubbio che i fabbricatori italiani mantenessero il primato in questa manifattura sino al principio del secolo attuale: non v'ha dubbio che gli strumenti dell' Elli, del Ponti, del Pastori, del Piantanida e di molti altri, per buona voce, accurato lavoro e conveniente solidità superassero anche quelli di Vienna e di Londra.

Ma verso il 1810 gl'Italiani dovettero cedere la supremazia ai costruttori inglesi ed alemanni, i quali con estese fabbriche ed abilissimi operaj prece. dettero eziandio i Francesi nel dare maggiore sviluppamento a siffatta industria. Non tardarono per altro questi ultimi a prendere il sopravvento: chè ai nomi di Tomkinson, Systerman, Broadwood contrapposero essi quelli dei loro valentissimi Petrold, Pape, Pleyel, Boisselot, Érard.

Eppure, non ostante i mezzi potenti di cui disponevano gli artefici stranieri, e la pochezza di quelli che rimanevano ai nostri: non ostante la deficienza di scelti materiali, e l'incoraggiamento negato dai facoltosi compatriotti, sorse tal fiata il genio nazionale a trarre per alcuni istanti la nostra manifattura dall' avvilimento in cui, è giuocoforza confessarlo, fu tenuta nell'ultimo quarantennio.

Vaglia il vero; l'abate Gregorio Trentin di Venezia al concorso de' premj d' industria per l'anno 1817 presentava a quella Commissione Centrale aggiudicatrice un Pianoforte, che per giudizio de' più esperimentati, gareg. giava co' migliori della Germania. A sostegno dell' armonia l'artista veneto si studiò di munire il suo piano-forte di un basso grave e maestoso, di cui siffatti strumenti in generale difettano, coll' applicare al dissotto dell' ordinaria tavola armonica una seconda cassa che raccoglieva 25 corde più lunghe e grosse accordate all'ottava bassa delle corde corrispondenti alle comuni note gravi. Venticinque ben distinti continuati pedali equivalenti a due ot tave cromatiche, erano organizzati in maniera che il tocco del piede produceva, a grado del suonatore, lo staccato, il tenuto, il pianissimo e il fortissimo, senza timore che una percossa indiscreta del piede facesse rompere qualche molla o corda; l'artefice avendo saputo con facile meccanismo met. tere i registri che governano le digradazioni delle voci nella cassa superiore in sicura comunicazione coi sottoposti contrabassi animatori dell armonia. E per l'opera di questo pianoforte, denominato organistico, la Commissione assegnava all' abate Trentin con voto unanime la medaglia d'oro.

Due anni dopo, con altro simile guiderdone, veniva rimunerato il patrio zelo del veneto artefice per l'applicazione del metagofono al pianoforte. Sapevasi già prima di lui cosi nel pianoforte come nell'arpa trasportare di un mezzo tuono l'esecuzione di un pezzo: ma per uno speciale congegno ideato dal Trentin si è potuto con facilità e prontezza ottenere l'accrescimento e l'abbassamento di tuono nella progressione alterna di quattro mezzi tuoni, a mezzo tuono per volta.

Il congegno, collocato orizzontalmente sotto la tastiera, e messo in moto a grado a grado sopra agevoli rotelle da una chiave che innestavasi in un perno sporgente ed ammanito, faceva scorrere lentamente da un lato e dall'altro la tastiera; e così veniva a variarsi l'accordatura corale, crescendo e decrescendo le voci per mezzi tuoni, senz' alterare minimamente l'accordatura normale.

Giuseppe Cattaneo di Milano nel 1834 proponeva al concorso de' premj d' industria due pianoforti di sua costruzione; e la voce ampia, limpida, so nora che rendevano e i congegni meccanici introdottivi, concernenti la tavola armonica, la tastiera, i martelletti e la stessa intelajatura, pe' quali l'artefice raggiunse il suo intendimento di emulare i pianoforti delle migliori fabbriche inglesi e viennesi, determinarono l'Istituto Lombardo a decretargli la prima corona, colla speranza che questa manifattura si radicasse fra noi. Ma spento da morte immatura quel valent'uomo, la sua lodata officina scomparve.

Un altro industre meccanico, Luigi Bernasconi, si presentava al concorso del 1841, e faceva bella mostra d'un pianoforte da lui operato, che per voce sonora nel basso, morbida negli acuti, per tastiera pronta, molto si accostava ai migliori che ci venivano dalla Germania. Parecchi ne' dieci anni dacchè egli teneva stabile domicilio in questa città, ne aveva costrutto, tornati di piena soddisfazione dei committenti; e per animarlo a sempre più estendere e perfezionare quest'arte, gli si aggiudicava il secondo premio. Ma ad onta di siffatti progressi ed incoraggiamenti dovevamo ancora corrispondere un tributo oneroso ad altre nazioni; ed Ambrogio Riva allievo del Cattaneo, ponevasi coraggioso nell' arringo per francarcene.

I pianoforti invero da lui fabbricati, sì a tavolino che a coda, oltre alcuni miglioramenti esteri opportunamente colle assidue sue cure introdottevi avevano la qualità di mantenere a lungo l'accordatura, di resistere molto alla percossa dei martelletti, e rendere suoni dolci e spiccati. In pochi anni più di 160 pianoforti uscivano dalla sua fabbrica; e per questi titoli veniva anch' egli nel 1845 dall'Istituto Lombardo guiderdonato del maggior premio.

Se non che certi nostri Aristarchi, mirando alla perfezione di alcuni cem. bali stranieri, respingevano i nazionali col pretesto che sono mediocri, distogliendo i capitalisti che dovevano soccorrere l'industria in un impianto più grandioso delle officine.

Ricevuta in patria la fondamentale educazione nell' arte, due giovani animosi Luigi Stucchi e Angelo Cesare Colombo si recavano a perfezionarla presso i costruttori più celebri della Francia. Solo nel 1851 cominciarono a prodursi nel palazzo di Brera offrendo alla esposizione di quell' anno un saggio della lor manifattura, lo Stucchi con un cembalo a coda contenente il meccanismo detto a doppio scappamento, con cui si dà moto ai martelli in guisa di agevolare i trilli e il ribattimento delle note; il Colombo con un cembalo verticale liberato dai difetti di poca sonorità ed omogeneità di voci che sembravano inerenti alla sua forma.

Era lodato lo Stucchi per molta accuratezza di lavoro esterno: ma veniva consigliato di adoperare altrettanto amore nella struttura della tavola armo. nica, nella forma e collocazione degli archetti, nella scelta dei punti ove i martelli devono colpire le corde per rendere le voci più sonore.

Per lo contrario il Colombo non aveva posto tanta diligenza nelle forme esteriori, quanto nella scelta delle lamine di pecchia per formare la tavola armonica, nella più opportuna collocazione ed applicazione delle catene di rinforzo e degli archetti, nelle qualità e dimensioni delle corde, e nella giusta posizione dei martelli, onde il loro centro di percossa cada nel sito che permette alle corde di produrre suoni più spiccati. Per questi studj fatti allora dal Colombo, il suo pianoforte verticale riusciva ad un miglior effetto artistico di quello dello Stucchi, ed era generalmente commendato per la purezza delle voci acute, per la morbidezza delle medie, per la pie. nezza e rotondità delle gravi.

Cotali encomj impartiti al Colombo eccitavano lo Stucchi al puntiglio di fare altrettanto; per cui allora, docile ai consigli, mostrava essersi bene adoperato nel perfezionare il carattere dei suoni.

Di fatto avendo presentato al concorso del 1853 diversi pianoforti verti. 'cali che potevano sostenere la concorrenza di parecchi delle migliori fabbriche straniere, conseguiva il secondo premio colla promessa della maggiore corona, vincolata all'obbligo di dar prova con successive e più numerose costruzioni, vale a dire con uno smercio più csteso della sua manifattura, di avere provveduto alla durevolezza de' suoi lavori, e di essersi impadronito dell' arte in guisa che non si possa attribuire al caso i buoni risultamenti fino allora ottenuti.

Si notevoli progressi non valevano ancora a persuadere alcuni facoltosi connazionali che la buona riuscita dei pianoforti di Francia e Germania, non è infine un privilegio di que'paesi: anzi, dimentichi che tale manifattura fino dalla sua origine era una onorata nostra specialità, in luogo di dare appoggio e leva ai costruttori italiani, onde potessero riprendere l'antica supremazia, li scoraggiavano essi con giudizj troppo severi, e quasi avessero perduto il sentimento della dignità nazionale, si mostravano più inchinevoli a favorire gl' interessi dello straniero (è spiacevole il dirlo) e a rimanerne tributarj perpetui anzi che rendere giustizia ai confratelli.

Il Colombo che aveva, per così dire, succhiato nell'infanzia i buoni principj della difficil arte (essendo stato in essa valente anche il padre di lui): il Colombo che aveva nutrito e sviluppato que' principj colle molte cognizioni tecniche acquistate in Francia presso le fabbriche di maggiore rinomanza, più geloso dell'onor patrio, che curante del proprio interesse, dopo i primi surriferiti lavori, fatti in Vimercate unitamente a suo fratello Carlo, seguitava a studiare e costruire con gravi sacrifici di tempo e danaro oltre 80 pianoforti tutti di modello differente, allo scopo d'impadronirsi dell'arte sua prediletta, e riconoscerne le risorse non avvertite da un manuale d'istruzione.

E per far tacere a viva forza quegl'indiscreti, che rifiutavano i nostri strumenti, sotto pretesto che mancano della conveniente solidità e perdono di leggieri l'accordatura, Cesare Colombo presentava al concorso del 1853 un pianoforte a coda intelaiato con grosse spranghe di ferro ladino per modo di obbligarlo a conservare intatta la sua originaria costituzione, perciocchè la tavola armonica e l'incassatura venivano da tre lati barrate col ferro e dal quarto lato fermamente connesse con un robusto somiero.

E intanto che sulla opportunità e sui buoni effetti di questo metodo si doveva naturalmente aspettare la sanzione del tempo, l'intraprendente nostro giovane artefice proseguiva i suoi esperimenti.

Ed eccolo riprodursi al concorso del 1855 con tre pianoforti, due a breve coda, l'uno di noce d'India, l'altro d'abete con vernice simulante il mogano, e il terzo verticale. La Commissione Accademica, incaricata di farne rapporto, giovandosi anche dei lumi de' più riputati maestri di musica della capitale, giudicava il pianoforte verticale del signor Colombo poter reggere al paragone di molti fra quelli che ci pervenivano di Pleyel, tanto per la forza, quanto per la omogeneità e dolcezza de' suoni : giudicava il pianoforte a breve coda (scurtone) di abete, essere riuscito molto soddisfacente per sonorità, purezza ed uguaglianza delle voci, in tutta la estensione della scala, ed avere inoltre il pregio di potersi rendere popolare pel suo modico prezzo di lire seicento: giudicava l'altro pianoforte a breve coda di noce d'India intelajato di ferro, avere per qualità caratteristiche la morbidezza, la pastosità, l'uguaglianza delle voci per l'estensione di oltre cinque ottave; soltanto le ultime quattro o cinque voci acute rendendosi alquanto sottili, e li primi quattro o cinque suoni gravi riuscendo piuttosto muti.

Esaminato attentamente l'istrumento per iscnoprire la causa di questi piccoli difetti, ci era sembrato di non andar lungi dal vero coll'attr.buirli alla stessa intelajatura di ferro. Di fatti la tavola armonica in contatto con una massa inconsiderabile di metallo, come non era più libera di variare le pri. mitive dimensioni, cosi non lo era nemmeno di seguire co' suoi moti molecolari le vibrazioni delle corde. Due sostanze, ferro e legno, per densità, natura ed aggregazione tanto diverse, non sembravano le più idonce ad assumere lo stesso ordine di vibrazioni: pareva anzi che le oscillazioni eccitate nella tavola, versandosi in una grande massa metallica, dovessero suddividersi in modo di perdere gran parte della loro forza viva.

Il Colombo che aveva già veduto sussistere in parte tale inconveniente nello strumento offerto al precedente concorso, nelle successive produzioni imbrigliava con diverso metodo la tavola armonica, mettendola in pochi punti a contatto del ferro, e otteneva cosi di farle riacquistare la sua risonanza. In ogni modo l'indicato difetto non era poi grave (sendo che le voci estreme della gamma si adoperano ben di rado), e veniva largamente compensato dalla solidità degli istrumenti e dalla fermezza della loro accordatura.

Abbiamo avuto parecchie occasioni di verificare queste ultime prerogative dei pianoforti del signor Colombo. Fra le quali ci piace ricordare, che sapendo trovarsi uno di questi a Lurago in Brianza presso il signer Luigi Sala, da due anni continuamente adoperato colle mani robuste di due giovanotti, ci siamo recati inaspettatamente sul luogo; e l'istrumento, tuttochè situato in una sala terrena non molto asciutta, e da più che tre mesi abbandonato dall' accordatore, pur conservava la sua originaria sonorità senza offendere l'orecchie per discordanza di voci.

La quale prerogativa di tenere l'accordatura, sarà sempre altamente ap. prezzata finchè il signor Pape non liberi la sua antica promessa di fabbricare cembali senza corde.

E cotesta durevolezza dei pianoforti del Colombo congiunta alle altre loro qualità era talmente posta fuori di ogni contestazione da tutti quelli che li avevano sperimentati e non sentivano interesse di far credere il contrario in onta alla verità, che, riputatissimi negozianti di questa capitale e d'altre città d'Italia, ne commettevano in quell'epoca al nostro artefice più che un mezzo centinaio di vario modello.

Per questi titoli, nel concorso dell'anno 1855, l' Istituto Lombardo concedeva al Colombo la medaglia d'argento colla riserva del maggior premio, quando fosse riuscito ad amp'iare viemaggiormente il suo stabilimento, e con uno smercio ancora più esteso mostrarsi cresciuto nel pubblico favore, In altri tempi, produzioni già si numerose e felici avrebbero fatto decretare all'artefice la prima corona: ma bisogna dire che in ragione dei progressi operati, gli uomini addivengono più esigenti, ciò che è legge forse perfettiva dell'umana specie.

A comprovare nell' ultimo concorso l'ampliazione dell'officina bastava al Colombo il fatto di avere più che raddoppiato il numero degli operai che nel 1855 vi erano impiegati: invero, da oltre un anno, più di cinquanta lavoratori sono distribuiti parte in Vimercate a costruire le casse, armature, tavole armoniche e tastiere; parte in Milano ad applicarvi i meccanismi, le corde, il lucido e le decorazioni.

Un'altra prova d'ingrandimento e prospero successo di questa nostrale manifattura si ha dall' essersi l'avveduto e facoltoso negoziante di pianoforti in Venezia signor Giuseppe Camploy costituito in ditta con Angelo C. Colombo.

Per siffatta guisa viene a stabilirsi in patria una grandiosa fabbrica a somiglianza di quelle di Francia, destinata a far cessare almeno in parte la importazione dei piani forestieri, che ci costarono già parecchi milioni.

E dacchè, esaminati i registri di negozio, si rilevò che nell'ultimo biennio erano usciti dall'officina Colombo quasi due centinaia di pianoforti di vario modello; dacchè fu accertato che negozianti e maestri di musica, anche fuori d'Italia, danno al Colombo rilevanti commissioni; dacchè dietro confronti degli strumenti di lui con quelli delle primarie fabbriche di Parigi, confronti ripetutamente istituiti coll'intervento de' più distinti professori del nostro Conservatorio di musica e di altre notabilità artistiche, si acquistò il convincimento, che i piani verticali della fabbrica milanese se non superano certo pareggiano quelli di Pleyel (de' verticali il fabbricatore più rinomato), sia per l'omogenea sonorità e morbidezza delle voci medie ed acute, sia per la robusta chiarezza delle basse, per cui si rendono essi servibili anche pei suonatori di forza; dacchè i piani a coda sul sistema francese costruiti dal Colombo, per potenza e briosa pastosità di suoni, per eleganza e finitezza di lavoro, occupano il primo posto dopo quelli di Erard, non si poteva più dubitare aver egli appieno soddisfatte le condizioni impostegli per il conse. guimento della prima corona, e fu debito di giustizia che l'Istituto Lombardo gliela decretasse con pienezza di voti.

Fra i pregi di cui va lodata la manifattura del Colombo non è ultimo quello di avere ridotto le tastiere a tocco nè troppo leggiero, nè troppo pesante, ma siffattamente giusto da prestarsi a qualsiasi passo di agilità : prerogativa altamente apprezzata da ogni pianista che potè farne l'esperimento.

Di più il Camploy associandosi col Colombo recè a questa manifattura il vantaggio non che de' suoi capitali, quello ragguardevolissimo di applicare alle tavole armoniche una vernice di sua invenzione, atta a renderle assai più risonanti; vernice che nell' anno 1856 (dopo due biennii di prova) otteneva premio dall' Istituto Veneto, parendo destinata a supplir quella che da secoli andò perduta.

Abbiamo riconosciuto ch'essa in breve acquista una durezza cristallina, e prende si forte aderenza alla tavola, da non poterla levare se non coll' acciajo affilato. È notabile che nell'atto di raschiarla s'incontra la stessa difficoltà, si sente lo stesso odore come quando si opera sui violini antichi.

Ci siamo inoltre assicurati che la sua azione non è superficiale soltanto, ma entra pei pori del legno, ne attraversa anche la grossezza e lo indurisce equabilmente. Rimedia in siffatta guisa alle ineguaglianze di tessitura del legno; lo sottrae all'influsso delle vicissitudini atmosferiche, e quindi pone la cassa degli strumenti a corde in condizione di ricevere con maggior prontezza e propagare più vivamente le loro vibrazioni alla massa d'aria che vi è contenuta.

I violini nuovi spalmati con questa vernice si distinguono dagli altri di uguale fattura per sonorità più nutrita; vantaggio cui partecipano anche le canne di legno degli organi. Niuno ignora che nelle orchestre teatrali i violini, per colpa dell'ambiente sempre vaporoso, al termine dello spettacolo restano intiacchiti dall' umidità assorbita: ora è comprovato che gli strumenti verniciati da Camploy danno voci della stessa vigoria cosi nella prima come nell'ultima arcata.

I nostri Conservatorii, i Licei musicali sappiano questi effetti, e vogliano convincersene col fatto, porgendo all' inventore qualche strumento da corda; egli, ne siamo sicuri, si compiacerà di applicarvi il suo intonaco.

Tutti i direttori e maestri di musica Italiani devono segnalare questo fatto, di molta importanza nel regno dell'arte, prima che il secreto possa essere penetrato da alcuno di quegli estranei che ora ci corseggiano intorno per usurparci il merito primitivo; giacchè se il furto avesse luogo, essi se ne renderebbero complici colla loro inescusabile noncuranza.

Frattanto il precipuo effetto di detta vernice pei pianoforti del Colombo consiste nell'uguagliarne il suono in tutte le sette ottave e nel rinforzarlo al grado di poter battere e ribattere i tasti colla massima energia, senza che si percepisca quell'infievolimento di voci che d'ordinario si fa sentire quando le corde vengono eccessivamente percosse.

Cessino adunque gl' indiscreti, cessino gli adoratori delle opere straniere dal detrarre ai pregi di questa nostra manifattura. Garanti della sua solidità sono i legnami scelti e stagionati, di cui il Colombo sa tener sempre abbondantemente provveduti i propri magazzini: garanti ne sono le corde accuratamente scelte e sottoposte a limitate tensioni, onde renderne più difficile lo spezzamento e più durevole l'accordatura; garanti ne sono le casse lavo rate in località che si conservano perennemente alla temperatura di 25 gradi réaumuriani.

Dobbiamo inoltre considerare che fra gli strumenti musicali il pianoforte è quello che si guasta più presto di ogni altro, e senza qualche cura non può conservarsi buono che per pochi anni. Di solito, i doviziosi che possedono pianoforti di Vienna, o di Francia, che costano il triplo di quelli del Colombo senza tener conto delle spese di trasporto e dazio, li mettono fra i tappeti, li difendono dalle correnti d'aria, li fanno accordare da abili artisti, e li adoperano con moderazione, riservandoli per le grandi occasioni. Al contrario gli strumenti pazionali si mandano in campagna, esposti all'umidità e ai venti, di raro e malamente vengono accordati, si destinano alla musica da ballo, e di più pesanti esercizi della mano: quando poi deperiscono, si grida alla poca solidità delle opere nostrali!

Diamo termine col ripetere che la buona riuscita dei pianoforti di Francia e di Germania non è privilegio di que' paesi per l'eccellenza del loro le. gname. I fabbricatori di Parigi domandano il legno alla Svizzera; que' di Vienna lo prendono in Tirolo: i nostri fanno altrettanto con maggiore facilità. Ned è privilegio di speciale bravura se si considera che dei duecento

sessanta fabbricatori parigini, dieci o dodici soltanto porgono manifatture distinte: gli altri fanno opere che guai se fossero italiane!

Non si stia dunque sempre coll' orecchio teso ai rumori dello straniero. Lo straniero ci oda favellare delle cose nostre, e sappia che dalla fabbrica milanese della ditta Colombo Cesare Angelo e Camploy escono pianoforti che possono sostenere la concorrenza coi migliori di oltremare e oltremonte. Lo straniero sappia che vogliamo liberarci almeno in parte da un oneroso contributo, che ci lasciavamo malamente imporre anche dal fasto e dal pregiudizio. D. L. MAGRINI.
" L'Economista. Giornale di agricoltura teorico-prattica, di ragioneria ..., 06/1858, p. 355-363

1858

"In questa occasione avemmo l'incontro di ammirare un vostro concittadino, il sig. Colombo, il quale va di giorno in giorno vieppiù ingrandendo la sua fabbrica di pianoforti non solo, ma anche migliorandone la qualità, cosicchè in breve speriamo d'essere liberati dall' oneroso tributo che paghiamo agli stranieri.

Il Collegio delle Dame inglesi gentilmente offerse alla giovane pianista un nuovo pianoforte acquistato dalla fabbrica Colombo e Camploy: la sonorità, la robustezza, l'uguaglianza dei bassi cogli acuti, la simpatica e pastosa voce, lo fecero, e giustamente, porre a livello dei migliori che sieno esciti da straniere officine.

Speriamo adunque, anche a nostra gloria, che il vostro bravo Colombo possa superare e vincere la bassa e sordaguerra che gli vanno movendo gl' invidiosi ed i soliti nemici d'ogni miglioria e progresso. La sarebbe pur ora che in Italia s' ammirassero pianoforti italiani, tanto più quando sappiamo esservi artisti capaci di fabbricarli non solo buoni, ma pur anche durevoli qualità che non sovente si trova nei pianoforti esteri..." Gazzetta musicale di Milano, 27/06/1858, p. 209-210

1889

NECROLOGIA

"De Venise on annonce la mort de Giuseppe Camploy, marchand de pianos et propriétaire du théâtre qui porte son nom. Ce théâtre, érigé en 1655 sous le nom de San Samuele, par les soins de la famille Grimani, était passé des mains de celle-ci dans celles des Camploy.

Détruit par un incendie en 1747, il avait été reconstruit aussitôt, et eut son moment de splendeur.

Depuis plusieurs années déjà il est fermé, et il sert aujourd'hui de magasin de bois.

Giuseppe Camploy, qui avait formé une précieuse collection d'instruments à cordes et qui était natif de Vérone, est mort à 95 ans, bien qu'à l'âge de 25 ans les médecins l'eussent condamné comme phtisique." Le Ménestrel : journal de musique, 10/03/1889, p. 80 (gallica.bnf.fr)

CAMPLOY
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Fabbricanti di pianoforti C


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